Primi di
giugno, Conil de la Frontera
“La
disoccupazione giovanile in Spagna è arrivata al 56%”
Così mi
assicurano le persone che conosco durante questi giorni riguardo alla
possibilità di trovare un lavoretto qui nel territorio iberico.
“E la
provincia di Cadiz registra la percentuale più elevata”
Ho
deciso di farmi la costa da Cadiz a Gibilterra, lasciando CV a chiringuitos,
bar, ostelli… Qualsiasi cosa mi fornisca una stabilità stagionale.
Molti si
mettono a ridere quando gli chiedo meccanicamente: ‘Salve, non è che per caso
posso lasciare il CV, in caso remoto di un lavoro?’
“Non
abbiamo lavoro neanche noi”, fanno molti, o “La stagione è bassa”, o “Guarda la
pila di curriculum”. Uno gentilmente mi fa notare che con i curriculum si
diverte a fare aeroplanini di carta.
La
figura del cercatore di lavoro è classicamente una persona mediamente ben
vestita, con una cartellina stile ufficio che raccoglie i vari CV fotocopiati
in quantità ridicolamente alte, accompagnati da un mezzo di trasporto,
quali motorino o auto, e dal loro fondamentale Blackberry.
In
questo un po’ distruggo l’idea del cercatore di lavoro.
Perennemente
con i jeans che mi calano dal poco mangiare e con lo zainetto contenente
Yashica, curriculum e baguette, eccomi camminare infiniti kilometri per
raggiungere mete di speranze vane.
Così fu
l’esperienza a Chiclana, 10 km di lungomare curricolati in un giorno.
Per non
parlare qui di Conil.
Perlomeno
ogni mattina che esco per partire di nuovo verso nuovi lungomari, mi metto
nella carretera agitando il pollice all’aria, sapendo che, presto o tardi, qualche veicolo a quattro ruote si fermerà a raccattarmi.
E così
mi feci El Palmar e Caños de Meca, dove ebbi l’opportunità di suonare varie
canzoni al ristorante in cambio di una paella e di una birra.
Ma il
bucio di culo (inteso come fatica, cari romani) giornaliero è immane. Molti datori di lavoro mi avranno visto
come un profeta uscito dalle dune, disidratato e con pochi viveri. E così era
in fondo.
Nell’oretta
in cui tutti i negozi erano chiusi, mi ritrovai in una spiaggia nudista e, stanco
morto, mi sdradai sui miei jeans+maglietta come asciugamano, addormentandomi
all’istante col culo nudo che salutava il sole.
Grande
errore, perché per i giorni che sono seguiti, non potei fare a meno di ignorare
il dolore della scottatura intima, una sorta di calcio in culo perenne.
Domani
credo di andarmene di nuovo, o verso Tarifa o verso Gibilterra, vedremo un po’.
Qui le soluzioni si sono esaurite, anche se la mia opportunità l’ho avuta.
Giusto
qui a Conil un ristorante italiano cercava un cuoco per gestire il ristorante.
Fui a parlare col capo Michele e con la sua figlia buzzicona, e mi sembrava di
stare in famiglia. Il pizzaiolo Michele era un terrone molto simpatico, un
ibrido tra mio padre e Pasquale. Mi racconta la sua vita e io la mia, e ci
troviamo presto ad agio. Rimango là un paio d’orette, vedendolo lavorare e
valutando l’offerta che mi aveva proposto.
‘Io ti
ci farei pure provà a sta’ in cucina’, mi fa, ‘ma se non c’hai mai avuto a che
fa, te sarà impossibile gestì tutto il ristorante’.
C’aveva
ragione e, con un sorriso, rifiutai di fare la prova lasciando il rimorso sulla
porta.
E così, tra un mate e un piatto di pasta se ne vanno le giornate.
Aspettando
il momento
e
vivendo l’attesa
