sábado, 28 de septiembre de 2013

Kapok barbone! (come diceva il Celli)



- Yan -

    E proprio in quel di Tarifa, appare per strada Yan, il vagabondo tedesco incontrato in quel di La Linea, un’apparizione dietro un angolo.
‘O ciao, come va? Non ho casa’
‘Neanch’io’
Perfetto.
Vivere un giorno per strada è come vivere una settimana con domicilio. Modestamente posso vantarmi di essere stato quasi un mese per strada secondo questo strano calcolo, lottando per la sopravvivenza e sopravvivendo per la lotta.

La vita da vagabondo full-time si rivelò i primi giorni meno difficile del previsto, diviso com’ero fra l’aggiustare il budget con qualche canzone suonata per strada e l’inevitabile socializzare con altri “artisti” callejeros.
Qualche uomo ben piazzato mi offre una birra, credendo che il mio Bob Dylan fosse un Cat Stevens, interessandosi parzialmente alla mia storia, mentre altri mi vedevano solamente come un altro fottuto barbone trottamondo. Non avevo più rumbo, è vero: aspettavo una non so che manna del cielo che mai sarebbe venuta a bussarmi alla porta, ma la speranza si era presa una lunga vacanza, lasciando il destino solo e in cassa integrazione...

Perlomeno la gente di Tarifa non è fredda e noiosa come il vento che perennemente soffia nei vicoli del suo accogliente centro storico. Il nostro pranzo è mezzo chilo di gelato alla panna del discount, aiutati da un solo cucchiaino strautilizzato. In questo frangente si affaccia una signora da una finestra, offrendoci un piatto di paella. 'Mi avanza', mente.
Una maniera criptata per dirle che le facevamo pena.
Ma si accetta. Quando si tratta di mangiare, ci si riempie lo stomaco a forza sfruttando così tutti i momenti in cui si apre una proficua possibilità di sostentamento fisico.
E non ci sono regole. Quando capita, capita.
Ti vedi il portafoglio, conti e non arrivi mai alla decina. Giro l’angolo e con tutta la calma del mondo vedo Yan che si prende una pizza d’esposizione, una di quelle che mettono fuori il ristorante per attrarre i clienti.
‘L’avrebbero buttata comunque’, mi fa offrendomi la mia buona metà.

Suono Eddie Vedder per il lungomare ed una tipa italiana si avvicina e fa: ‘Anch’io la so suonare’.
Lei, col suo presunto ragazzo, stava senza rumbo, suonando per strada e vivendo del raccolto, come d’altronde stavamo facendo noi due. Lei era veramente simpatica, interessante e interessata. Perlomeno passammo la serata insieme tutti e quattro, tra una birretta e un porrito, tra una canzone e una chiacchierata.
Poca consolazione, visto che il destino l’avevano chiamato per la leva militare e presto sarebbe dovuto partire per l’imminente guerra.
Ed io con lui.

- San Juan, notte del 23 giugno -

Il vento continuava a sferzare violento avvicinando l'apoteosi piromana di San Juan, la mitica notte dei fuochi artificiali e dei falò in spiaggia: il nostro Ferragosto in due parole.

E siamo di nuovo io e Yan, (Bob Dylan e Muddy Waters) con un vino, un fuoco e due chitarre. Il crucco bestemmia quando la mista vola al vento, invocando chissà quale demonio della mala sorte complice di tale atrocità.
Suono i Delinquentes e magicamente si avvicina gente, chi cantanti di professione, chi skater internazionali e chi giovani fannulloni. E noi sfruttando la notte, il fuoco e l’alcol gratis.
Se penso al San Juan del 2012 posso concludere senza dubbio che non c’è assolutamente alcun paragone fra quello passato a Tarifa e quello passato a Valencia: in quest'ultima città infatti il delirio è maggiore e il vento quasi assente non riesce a sparpagliare i pensieri reconditi. 
Mi stava seriamente molestando questo forte incremento voluto da Eolo e, quando mi dissero che Tarifa vanta il primato nazionale di Tarifa in quanto a suicidi, non mi sorpresi nel notare un nero malestare flotare invisibile nell’aria come fumo radioattivo.
Ma forse era il nostro malestare a flotare, a dir la verità, la necessità di un cambio che ci strillava nell'orecchio torcendoci le budella dal dolore.
La polizia ci trovò a mattinata inoltrata accartocciati intorno a un falò morente, obbligandoci a sloggiare dalla spiaggia come due profughi affumicati.
E quello eravamo infine. Stavamo male, non potevamo dormire e il vento a volte ci faceva cadere per terra, deboli noi e forte lui.

Vaffanculo, me ne vado.
Io da una parte e Yan dall’altra.
‘Puoi fare tanti soldi per strada ‘che sai un fracco di canzoni’, mi fa col sorriso. Infine aveva realizzato un sogno quella notte: qualcuno aveva ballato al suo rock ‘n’ roll.
‘Ora posso cominciare a prendere il cammino per casa’, mi fa. 'In un paio di mesi chissà arriverò'.
Gli consiglio di passare per Vejer, tanti turisti e lavoro facile per le sue quattro canzoni blues. Prometto di andare a trovarlo a Berlino e lo lascio così alla stazione dei bus, insieme ad un vecchio barbuto inglese con un flauto ed una grande valigia vuota.

Io mi dirigo invece per la carretera direzione Malaga, ultima speranza dell’Andalucia.
L’ultima speranza in un pollice.

lunes, 23 de septiembre de 2013

Casa abbandonata con vista Africa




L’ultima città dell’Europa. La città dei venti, dei traghetti e dei nuovi continenti.
Il Sud in sé e per sé.
Dall’alto della mia tenda si staglia l’Africa illuminata, una nuova vita così vicina eppure così lontana.
L’arrivo a Tarifa è stato piuttosto burrascoso. Non tanto per l’autostop, quello funziona sempre molto bene qui in Andalucia. Il problema da affrontare era il fatto che di nuovo non avevo casa, lasciandomi così obbligato a improvvisare qualche metodo per liberarmi di zaino e chitarra.
Almeno per il giorno…
Al bar Coyote incontro Roberto, un gioviale torinese alle prese con la sua nuova attività. Chiedo se per caso gli serve un cameriere e mi mostra una ragazza che sta in prova.
Passa i Creedence sull’impianto stereo e già mi sale di vari punti. Gli affido zaino e chitarra per il giorno, spiegandogli un po’ la situation.
Mi intrinseco per le viuzze della splendida cittadina, piena di ristoranti, pub e negozietti familiari. Tutti si lamentano della bassa stagione e molti dei miei CV saranno sicuramente serviti a divertire qualche fallito ingegnere aerospaziale nel suo patetico tentativo di simulare un oggetto volante fatto di cellulosa e vane speranze.
Una tedesca con lunghi rasta biondi si interessa al mio destino e mi dice di chiamarla nel suo giorno libero. Ma non parla spagnolo e non può offrirmi casa.
Già, il problema casa.
Chiedo a dei tipi un po’ zozzi un luogo dove riposare le mie stanche membre e mi indicano una costruzione abbandonata in una spiaggia un po’ fuori mano. È uno spettacolo!
Metto la tenda nel patio per la notte, illuminato dai bagliori offuscati del porto di Tanger a riscaldarmi il cuore e lo spirito.
Così lontani i tempi in cui avevo una casa.
Così lontani i tempi in cui avevo un casa per più di tre giorni.

Il secondo giorno, dopo una quindicina di kilometri di camminata sulla spiaggia per lasciare CV a chiringuitos e campeggi, Roberto mi offre la sua casa, assicurandosi che non avessi tendenze sessuali etero-contrarie.
Si era fatto molto più affabile, mi offre pizza e birra raccontandomi un po’ della sua vita, del mitico bar a Torino, dove entrava la gente più disparata, dallo spacciatore di eroina di Agnelli ai giovani Subsonica. Conosce e ama tutta la scena musicale dei murazzi torinesi, condivide leggende e storie personali, accompagnate dal suo amico occhialuto “terrone settentrionale”, per dirla alla De Gregori.
A casa offre del cioccolato e da lì partono le storie del Gran Toro, della sua vita libera e di una finale stabilità, “ora a 42 anni”.
“Le cose vanno, ma il Toro non ti tradisce mai”
Cose che non posso capire, cose alla Liga, cose fin troppo meta calcistiche per le mie povere pagine virtuali.

e poi il romanticismo delle strade di Tarifa un giorno lo prostituì per un piatto di pasta e una doccia.
Eh sì, perché le speranze a Tarifa erano ormai andate, insieme a tutti i curriculum dati col sorriso a impiegati spesso molto scortesi. E così, tornai indietro sui miei passi e ripresi la nazionale direzione Vejer, uno dei paesini più caratteristici della Spagna meridionale.
Lì c’era infatti una bizzarra coppia ad ospitarmi per un paio di giorni di relax. Si rivelarono pacatamente sociali nella loro costante lotta di adattare le loro distinte vite al passo del candido paesino montano.
Lui, separato con due figli a carico, mostra molta eccitazione per la sua nuova vita, recriminando però continuamnte i molti anni perduti sotto il controllo pesante della moglie. Un sottone redento che un giorno incontra una polacca facendo autostop.
Da lì scatta l’amore, o qualunque cosa sia.
Lei, una scrittrice di sceneggiature cinematografiche, è completamente diversa dal suo amante: una libera viaggiatrice intellettuale. Tre fattori che piano piano si stanno impossessando di Jesus. O che Jesus cerca disperatamente di possedere per compiacere la sua dolce metà.
Non so cosa stessi facendo lì in realtà. Avevo la scusa di lasciare CV a Zahara de los Atunes, però la voglia e la speranza stavano piano piano scavando una grande fossa di disillusione, nella quale stavo lentamente cadendo.
Dopo qualche giorno tornai a Tarifa per San Juan, senza alcun piano e senza alcuna casa.
De prisa de prisa a rumbo perdido

martes, 17 de septiembre de 2013

Gibilterra. Fra bertucce e vagabondi



- Gibraltar -
         
      
           Gibilterra, metà giugno

 La pista di un aeroporto e una cabina telefonica rossa.
Così si presenta Gibilterra, un paese-nazione protetto da una grande rocca, casa delle prolifere quanto moleste scimmie semi-selvagge della specie Macaca sylvanus. Si dice che tale “nazione” rimarrà sotto il controllo del Regno Unito fino a quando tali bertucce permarranno a vigilare il territorio.
L’avessi saputo prima, le avrei sterminate.
Gibilterra, a livello di territorio, non fa assolutamente parte del Regno Unito: 35 caldi gradi infiltrati nelle vie paradossalmente britanniche, zeppe di turisti della madre patria a petto nudo. Qualche andaluzo sorseggia birra in un classico pub d’oltremanica mentre le notizie mostrano la regina nel suo nuovo vestito da milioni di pounds.
E, a proposito di soldi, i prezzi sono alle stelle (si paga in sterline), e per comprare da mangiare tutti vanno in Spagna, passando periodicamente la ridicola dogana. Dall’altra parte si presenta cruda La linea de la Concepciòn, una insolita residenza per molti italiani e altrettanti stranieri.
Non è in realtà niente di particolare il paesino in questione: qualche lunga spiaggia, qualche bar e molti arabi per strada. Mi ricorda in molte parti Ladispoli, dove il destino promedio di chi non finisce la scuola è quello di diventare parrucchiera (lei) e spacciatore (lui).
La versione nostrana di cheerleader e quarterback…
Ma anche tanti greci, polacchi, russi e tedeschi popolano la cittadina, visto che a Gibilterra si guadagna bene e, di conseguenza, la maggior parte si prende una stanza a La Linea, dove  gli affitti risultano decisamente meno cari. Il settore delle scommesse sportive è il lavoro più richiesto e ben retribuito, mi dice Michele, un simpatico umbro incontrato in piazzetta, che mi confessa che in realtà tutti lavorano lì: ‘8 ore davanti al computer, rispondere 4-5 mail al giorno, vederti una marea di film e 1700 euri a fine mese’.
Un lavoro che solo un italiano può compiere bene fino a fondo…
E sarebbe stata veramente un’uscita facile dal problema “occupazione”, che tuttavia mi assillava. Un tale Barry mi offre la sua casa con tanto di piscina al 17° piano, e, con poche speranze, continuo imperterrito a lasciare CV a destra e a manca, stavolta in versione bilingue.
Conosco anche un tedesco vagabondo: 37 anni, una chitarra e nessun portafoglio.
‘Faccio i miei 4-5 euri quotidiani suonando un paio di canzoni blues per strada. Poi me la godo, una birretta, un caffè e in spiaggia notte e giorno’
È rosso in faccia come tutti i tedeschi vergini e gli faccio i complimenti, per la rara scelta di prendere armi e bagagli e lasciarsi andare per la prima volta nella vita. Mi confessa infatti che quello era il suo primo viaggio.
E pare proprio che lo spirito continui a perseguitarmi, una vita che continua a seguirmi…

Ma sì, ho deciso di prendermi un po’ di pausa infine, troppo da dire e troppo da assimilare…
Il cammino un giorno si fermerà a fare una siesta, ed io con lui...