lunes, 28 de octubre de 2013

Algeciras: il sud diventa nord...

- Ci vedremo presto, caro Sud -


Algeciras, ultimi di giugno e pochi kilometri dall'Africa. Passano le ore, il sole se ne va e risorge.
Sono fuori del porto aspettando un passaggio verso nord-est, nel luogo in cui tutti dicono ci sia lavoro: l’antica città dei balocchi, Barcellona.
Sono quasi 1200 kilometri di cammino ma la speranza ancora si cela ambigua dietro la stanca espressione di dolore e rassegnazione disegnata sul mio volto. Molti confessano che pare abbastanza facile fermare qualche famiglia araba che salga verso nord (Francia o Belgio le destinazioni piú classiche dei marocchini), ma dopo molte ore di inutile attesa, mi riprometto di non stare piú a sentire le voci e cominciare a fare di testa mia una volta per tutte.
Ormai i camionisti e quelli del porto mi conoscevano e qualche chiacchierata di tanto in tanto ce la facevo per non perdere la sanità mentale.
L’enorme parcheggio di camion l’avevo spolverato da cima a fondo, chiedendo in qualsiasi lingua un passaggio che mi potesse far uscire da Algeciras. ‘Se vieni a Tanger, ti portiamo’.
Maledetta voglia di garrapateare il Marocco, fermati!
Più di una volta rifiuto e alla terza canta il gallo.
Le prime luci dell’alba si stendono labili sull’infranta idea di andare a Salamanca (un camionista mi aveva promesso di portarmici il giorno che veniva, ma non riuscì a trovarlo di nuovo in quell’enorme parcheggio) e il corpo riposato si sveglia nella sala d’attesa del porto, pronto ad un altro giorno a sventolare il cartello con su scritto ‘Madrid, Barcelona, norte’
Nel piccolo centro storico un matto continua a dare ripetutamente capocciate ad un palo, mentre la gente passa indifferente davanti alla surreale scenetta dello zimbello del villaggio, assurdità replicata fino al livello estremo di sopportazione.

Nelle innumerevoli ore passate ad evitare il sole senza risultati concreti, ho avuto la possibilità, ancora una volta, di volgere la tragicità della mia situazione in uno studio sociologico focalizzando sulla visione della mia immagine per le varie persone incontrate nel cammino. Ognune di queste si è sentita in dovere di aiutarmi, chi più con parole, chi più con fatti…

- Aiuto n.1: Passa un'araba e fa in tono mammesco: 'C'è troppo sole, copriti la testa, pazzo!'
- Aiuto n.2: Passa la polizia e fa feroce: 'Vai dietro la linea se non vuoi che ti schiacci un camion'.
- Aiuto n.3: Passa un'americana e mi da una barretta energetica. 'Made in Denver'
- Aiuto n.4: Si avvicina un prete a curiosare sul mio destino. 'Ma non hai soldi per prendere un bus?', fa. E senza sentire la risposta chiede: 'Sei cattolico o musulmano?'. Suscitai la sua ira quando risposi con un 'pfff', visto che del suo intenzionale aiuto ecclesiastico mi ci potevo benissimo pulire il mio sporco culo. 'Vuoi una Bibbia?', mi fa.
- Aiuto n.5: Una simpatica coppia che mi aveva portato in autostop fino ad Algeciras mi aveva gentilmente offerto 20 euro, come fossi loro figlio. Dopo 36 ore di attesa, decisi di utilizzarli per arrivare a Madrid, e da lì autostop fino a Barcelona.

Qualche raya di cocaina e numerosi porros hanno aiutato i miei ultimi salvatori a portarmi sano e salvo nella stazione di servizio sull’autostrada più vicina alla capitale catalana.
Castellbisbal, di nuovo ci incontriamo…

Morale della favoletta: Le autoritá (esempio 2 e 4) sono indubbiamente fini a sè stesse, visto che non aiutano gli altri, impegnate come sono ad assistere l’auto-sostentamento del proprio essere-in-quanto-contraddizione.
Piú la gente si sradicherá dalle istituzioni, piú tornerá il sentimento di umanitá proprio all'Homo Sapiens (es. 1, 3 e 5)

viernes, 18 de octubre de 2013

Malaga. Tanta cumbia e poco Picasso


- Malaga es Sudaka -

Malaga, fine giugno

La speranza ‘Malaga’ si era trasformata in un’altra scusa di cazzeggio, stavolta stile Erasmus. Ero finito nel giro di studenti d’oltreoceano del Cono Sur (Cile, Argentina e Uruguay) e mi sentivo a casa, il vecchio domicilio ‘Sud America’ che stavo tentando invano di ricordare col mio inchiostro scaduto.
Ero magicamente tornato tra i boludos e i weones di laggiù, festeggiando non si sa cosa fino all’alba e suonando cumbia per tutte le strade della città di Picasso.
Malaga non è un granché, a dir la verità. Tutta la provincia (Marbella, Torremolinos, Benalmadena) è governata da varie mafie di sviluppo edilizio, che hanno trasformato ormai il primo Mediterraneo in una S.p.a. fatta di hotel, resorts e lounge club d’elite.
E infatti proprio una russa mi prende da Algeciras direzione Malaga e, a dispetto dei forti problemi di comunicazione, riesce ad avvicinarmi di molti kilometri alla meta.
‘Devo entrare in un paesino per fare una cosa’, mi fa a gesti.
Entra quindi nell’enorme zona residenziale a lato dell’autostrada. Tutto è pulito e perfetto, una donna delle pulizie torna triste e scura a casa, mentre padroni (ancora più bianchi del solito) passeggiavano le loro future generazioni come fossero cani di razza.
Tutto era perfetto... si sorseggiava l’aria delle stradine apocalittiche di The Truman Show.
Qualcuno mi confermò le teorie non troppo avventate che avevo preso in quei pochi minuti di attesa: la mafia russa controlla la costa malaghina.
Sarà per questo (o forse no) che non incontrai lavoro a Malaga, scoraggiato dalla “crisi” e dalla terribile stagione. Così in un lampo di follia decisi di andare a Barcellona, ultima spiaggia, dalla quale eventualmente potevo salpare per la mia cara patria Sardegna.
E, almeno in un aspetto devo dire che forse commisi un grande errore: tornai sui miei passi con la speranza fondata che in Algeciras qualche famiglia marocchina mi avrebbe portato su 1200 kilometri fino al confine con la Francia.
Il mio addio a Malaga fu con il sole a zenit e una Ford Fiesta, guidata da un uomo con trent'anni e molte lamentele: “Ho quattro figli e sono disoccupato da 2 anni. Lo stato mi dà 400 euro al mese, ma che cazzo ci faccio, dimmelo tu pisha!”
Beh io con 400 euro al mese vivevo da re a Valencia, ma sicuramente non avevo quattro bocche da sfamare.

Ora a malapena potevo sfamare la mia.