Un mese senza aggiornare il diario, da
dove cominciare?
'Quella che sembra una fine spesso è un
inizio'. Con questo spirito me ne andai suonando i soliti due accordi alla
Velvet Underground, mentre Granada si allontanava progressivamente alle mie
spalle.
Essendo partito di giorno inoltrato, non
potevo pretendere di arrivare in autostop a Cordoba nello stesso, quindi la sorte mi lasciò
al tramonto in quel di Alcalà la Real, un placido paesino perduto tra gli
oliveti della Carretera Nacional 432. Dei tipi seduti al bar mi fanno: ‘Weee
vieni qua e cantaci un flamenquito’. Era tardi e, ormai rassegnato all’idea di
fermarmi la notte in quei paraggi, feci vibrare l’aria con qualche tema di
gradimento comune, guadagnandomi un paio di rum e cola offerti gentilmente dai
presenti.
‘Se non c’avessi moglie, ti ci porterei io
e Cordoba’, fa uno sulla mezza età già bello brillo, ‘e lì festa per una settimana’.
E infatti proprio questo mi aspettava a
Cordoba: la grande Sagra Popolare, lo sfacelo completo. Di questo ed altre cose
pensavo quando montai la mia cara tenda (4 euro al Cash Converters) sotto uno
dei tanti olivi della zona.
Il silenzio era solenne e la paura di dar
voce alla guitarrita crebbe. Quando il freddo venne a cogliermi steso ad
ammirare le stelle, entrai nel caldo della casetta sperando che i morti del
cimitero adiacente non si svegliassero proprio quella notte a cagarmi il cazzo.
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| Feria de Cordoba 2013 |
E, dopo tanta strada (con camminate annesse), finalmente la Feria de Cordoba. La gente, i vecchi e le tradizioni possono essere simili alle nostre, ma il livello di sfascio giovanile (e non solo) non è paragonabile nemmeno all'alcolismo nostrano perduto nei peggiori bar delle Alpi.
Ammetto che ci sono stati giorni
difficili, visto che spesso si iniziava a bere (e mangiare) alle 2 di
pomeriggio per finire all’alba del giorno successivo, ma devo dire che infine ho resistito strenuamente.
Davanti le casette messe su apposta per la Feria, ecco kilometri di giovani di
ogni sesso e razza con i loro botellones
preparati a casa, il ghiaccio rigorosamente al fresco e bicchieri di plastica
per simulare i cocktails casarecci.
E, in tutto questo spreco, una bulgara denotò
pacatamente la possibilità concreta di riciclare alcol risparmiandosi così la
bega di portarselo da casa. In effetti funzionò molto bene questo sistema di ‘non si butta via niente’, visto il forte
livello d’ebbrezza locale: vasi o intere bottiglie venivano lasciate lì sole al
loro destino.
O meglio, al mio destino.
Tante situazioni esilaranti che non sto
qui a raccontare per censura o per pesaculismo, definendo in finale la
settimana passata col Croccheta, col Manu, con la ciociara e con la Vecina come
l’inizio dell’abbandono temporaneo della scrittura del libro.
Come sempre dico, gli spagnoli sono proprio
esagerati quando si tratta di cazzeggiare.
E io cerco umilmente di aiutarli…
