martes, 25 de junio de 2013

Olivi, birre e flamenco

Un mese senza aggiornare il diario, da dove cominciare?
'Quella che sembra una fine spesso è un inizio'. Con questo spirito me ne andai suonando i soliti due accordi alla Velvet Underground, mentre Granada si allontanava progressivamente alle mie spalle.
Essendo partito di giorno inoltrato, non potevo pretendere di arrivare in autostop a Cordoba nello stesso, quindi la sorte mi lasciò al tramonto in quel di Alcalà la Real, un placido paesino perduto tra gli oliveti della Carretera Nacional 432. Dei tipi seduti al bar mi fanno: ‘Weee vieni qua e cantaci un flamenquito’. Era tardi e, ormai rassegnato all’idea di fermarmi la notte in quei paraggi, feci vibrare l’aria con qualche tema di gradimento comune, guadagnandomi un paio di rum e cola offerti gentilmente dai presenti.
‘Se non c’avessi moglie, ti ci porterei io e Cordoba’, fa uno sulla mezza età già bello brillo, ‘e lì festa per una settimana’.
E infatti proprio questo mi aspettava a Cordoba: la grande Sagra Popolare, lo sfacelo completo. Di questo ed altre cose pensavo quando montai la mia cara tenda (4 euro al Cash Converters) sotto uno dei tanti olivi della zona.
Il silenzio era solenne e la paura di dar voce alla guitarrita crebbe. Quando il freddo venne a cogliermi steso ad ammirare le stelle, entrai nel caldo della casetta sperando che i morti del cimitero adiacente non si svegliassero proprio quella notte a cagarmi il cazzo.

Feria de Cordoba 2013

E, dopo tanta strada (con camminate annesse), finalmente la Feria de Cordoba. La gente, i vecchi e le tradizioni possono essere simili alle nostre, ma il livello di sfascio giovanile (e non solo) non è paragonabile nemmeno all'alcolismo nostrano perduto nei peggiori bar delle Alpi.
Ammetto che ci sono stati giorni difficili, visto che spesso si iniziava a bere (e mangiare) alle 2 di pomeriggio per finire all’alba del giorno successivo, ma devo dire che infine ho resistito strenuamente. Davanti le casette messe su apposta per la Feria, ecco kilometri di giovani di ogni sesso e razza con i loro botellones preparati a casa, il ghiaccio rigorosamente al fresco e bicchieri di plastica per simulare i cocktails casarecci.
E, in tutto questo spreco, una bulgara denotò pacatamente la possibilità concreta di riciclare alcol risparmiandosi così la bega di portarselo da casa. In effetti funzionò molto bene questo sistema di ‘non si butta via niente’, visto il forte livello d’ebbrezza locale: vasi o intere bottiglie venivano lasciate lì sole al loro destino.
O meglio, al mio destino.
Tante situazioni esilaranti che non sto qui a raccontare per censura o per pesaculismo, definendo in finale la settimana passata col Croccheta, col Manu, con la ciociara e con la Vecina come l’inizio dell’abbandono temporaneo della scrittura del libro.

Come sempre dico, gli spagnoli sono proprio esagerati quando si tratta di cazzeggiare.
E io cerco umilmente di aiutarli…

viernes, 21 de junio de 2013

Ode a Monte Mario


- La Alhambra -


Granada, 24 Maggio

Passano i giorni e ancora non riesco ad andarmene da Granada. La città mi opprime e non riesce più a darmi stimoli, ma continuo a perdermi per le sue strade come un contadino in una metropolitana.
Cosa mi fa rimanere?
Credo la sensazione di stabilità, di una possibile ragione per non muoversi più. O semplicemente il mal tempo.
Ora che è tornato il sole infatti la mia voglia di prendere tutto e andare a fanculo è rinata, fomentata dalle varie conclusioni portate a termine in questi ultimi giorni, riassumibile in un assioma principale: non potrò viaggiare per sempre.
La luna piena riporta ricordi di Buenos Aires, mentre scatta la mezzanotte di un nuovo giorno, una nuova opportunità per dare un’ulteriore svolta al corso della vita.
Mi sorprendo quando una simpatica canaria mi fa: ‘Questi giorni mi sono fatta tante domande… Il tuo arrivo e varie cose che mi sono successe ultimamente mi hanno fatto capire che sto scivolando sulla vita, lasciandola come in pilota automatico. Non la sto vivendo abbastanza, e pensare di potermi ritrovarmi sul letto di morte con il rimpianto di aver sprecato completamente il mio tempo mi terrorizza’
Già, per questo prendo tutto e me ne vado a fanculo. Con tutti i pro e i contro che tale decisione può comportare.
È passato un mese dal mio ritorno in Europa e l’incertezza sale ogni volta che penso: ‘Ma che cazzo sto scrivendo? Servirà a qualcosa?’.
Ormai le tipe mi presentano senza il mio consenso come ‘Cabezon, cittadino del mondo’, mentre io stizzito faccio: ‘Sono di Monte Mario, cazzo!! No del mondo, che sono ‘ste stronzate hippie?’.
Perché la casa sempre te la porti con te, in fin dei conti. Prende la forma di un piatto, di una canzone, di una chitarra o di un gesto. Che voglia o no, sto sempre a Monte Mario, anche se lontano migliaia di kilometri.
Ora, sdraiato su una terrazza granadina, mi sento un po’ più libero, sebbene la voglia di stendermi sull’erba e perdere la mia vista nei cammini illuminati della volta stellata si fa sempre più forte.
La città comincia ad angosciarmi con le troppe informazioni inutili che rilascia nell’aria satura di banalità. La città stanca le membra, il corpo e lo spirito.
E una città senza mare, per di più, uccide anche la speranza di redimersi completamente.
Proprio oggi, camminando per strada, riconosco nella folla il volto del gallego musulmano che mi aveva portato in autostop da Lanjaròn a Granada. Non faccio in tempo a dirgli ‘Hey!’, che già ha girato l’angolo diretto chissà dove.
Queste visione un po’ joyciana, mi ha confermato il rimpianto di aver lasciato Beneficio così presto, visto che l’ambiente della comunità era quello che realmente necessitavo. Hippie a parte, la vita si conduceva semplice e bucolica, i pasti erano molto più apprezzati e la gente si apriva maggiormente nelle basiche relazioni sociali.
Infatti, ho paradossalmente conosciuto più gente in comunità che non in città!
Perlomeno, il ritorno a Granada mi ha fatto però comprendere varie cose, perso più volte nella tentazione di un ritorno alla follia della stabilità.
Dopotutto sono ancora qui, solo qui alle quattro del mattino, l'angoscia e un po' di vino, nel tentativo di dare un senso al fluire delle cose.

Tutto scorre, e io ci sguazzo… 

miércoles, 5 de junio de 2013

Kapok e Lechu incontrano il Rambo hippie

- Rambo hippie e il Lechuga -


20 maggio, Granada

Con ardore di ritorno nelle terre dove tradirono Garcia Lorca.
Con ardore di ritorno ad una nuova vita.
Granada è piovosa, così come l’Alpujarra che ho lasciato con un po’ di malinconia. È venerdi, tutti sono in ansia di festa, mentre io, per una volta, non riesco a capire cosa devono sempre festeggiare ‘sti spagnoli.
La pioggia cade antipatica sul mio zaino e sulla mia chitarra, mentre in lontananza sento un ‘Cabezoooon!’.
È Lechu, l’argentino artista di strada conosciuto giusto una settimana prima in quel di Granada. Ha molte abilità circensi e, grazie a queste, riesce a buscarsi la vita da ormai vari anni.
Ma la legge lo persegue, la burocrazia lo attanaglia, il re lo vuole morto.
Perché, si sa, le cose hanno più diritti delle persone: se non lavori non sei benvenuto nel Vecchio Mondo.
O meglio, se non versi i contributi, non sei benvenuto in Europa.
Questa la dura legislazione applicata agli immigranti extra-europei, costretti a sposarsi o a sommettersi alla volontà capitalista di lavorare-dormire, lavorare-dormire. 
E morire.
Queste le grandi preoccupazioni che mi espone il Lechu, nascosto dietro un paio di occhiali con rifinitura verdi da stage. Ha paura di tornare e perdere tutto quello che si è creato in tre lunghi anni. Ha paura di quello che ha lasciato dietro e di quello che potrebbe ritrovare.
Ha paura fondamentalmente di un foglio che non possiede.
Tra una birra e l’altra, sotto la fredda pioggia della Sierra Nevada, ecco che si avvicina un tipo misterioso con una domanda: ‘Non è che sapete dove posso trovare un bastone da camminata?’
Cash Converters.
Sempre e solo Cash Converters.
L’uomo, sulla mezza età, sembra tanto John Locke della serie tv Lost: è vestito tutto di militare con buoni stivali da trekking, ha pochi capelli e una faccia scolpita dalle intemperie della vita.
‘Odio Granada’, ci fa. ‘è così vuota e fredda’.
Verissimo, in tali condizioni, tutto aveva cambiato prospettiva. La turistica Granada era lontana anni luce, anche se con soli 5 minuti si poteva arrivare a passeggiare felicemente per le borghesi strade del centro.
‘Sti cazzi, domani prendo armi e bagagli e me ne vado giù al mare, non ce la faccio a vivere senza. Come cazzo fanno a vivere qui??’
E, con l’aria di chi fa finta di andarsene ma vuole restare, gli offriamo un sorso di birra per farlo sentire più a suo agio, col fine di collezionare le preziose storie che sicuramente aveva nascoste dietro la fredda faccia disillusa.
‘Mi sono rotto il cazzo di come tutto funziona’, fa. ‘Mi sono rotto il cazzo dei politici e dei capi d’ufficio. Mi sono rotto il cazzo della polizia e delle sue repressioni
‘Sapete ragazzi, io ero militare, sono andato in Bosnia, Gambia, Iraq per combattere le loro guerre. E dopo tanti anni, mi buttano in un ufficio di merda della Guardia Civil.
‘Ma non è questo che mi fa incazzare: se volessi potrei tornare senza problemi al vecchio lavoro di militare. Quello che mi fa girare le palle sono tutte le cose che ho scoperto, tutti gli impicci di merda che ci sono sotto.
‘Sto scrivendo un libro su cose che la Commissione non vorrebbe affatto rendere pubbliche, ogni mazzetta e compromesso all’interno del sistema, citando i nomi in maniera simbolica. Zapatero diventa Botero e così via, per associazione…
Comincia a rubricare un fracco di nomi ed organizzazioni, citando cose fin troppo dettagliate per essere ricordate da questo mio breve interludio. Ma sicuramente rimane un grande personaggio il Rambo Hippie, zaino militare caricato con 5 kili di fotocamera analogica e con pochi vestiti.
‘Io qua c’ho qualche amico, oggi un dottore mi ha dato 50 euro, ma comunque voglio camminarmela fino al mare’ il pazzo!. ‘Ah, e scusa Cabezon, passami l’accendino di nuovo’
Continua a piovere e non ho un posto dove dormire.
‘Seguimi’, mi fa il Lechu portandomi nel suo vecchio barrio, ‘seguimi e più tardi vieni a casa mia’.
La piazzetta che mi mostra è vuota: c’è solo una croce con una scritta in verticale, Jovenes sin futuro. Ci ripariamo sotto l’entrata di una casa e un simpatico vecchio arriva e ci fa: ‘Ragazzi, molestate, allontanatevi per favore’.
‘Salutami Franco!!’, strilla sarcastico il Lechu in direzione del vecchio.
Riguardo la croce e mi riprometto di tornarci senza pioggia per una bella foto di ricordo.

Un ricordo per i giovani senza futuro.