jueves, 30 de mayo de 2013

Kapok si infiltra nella comuna hippie di Beneficio...



Cosa mi sarei dovuto aspettare da Granada e dintorni?
Tanti begli andalusi col sorriso che mi urlano musica nelle orecchie.
Maddeché!, tutti stranieri di merda che vedono la Spagna come il paese liberatore dai loro mali interni. Però, io dico, prendetevi la Spagna, ma perché proprio la mia Andalucia?? Andatevene, non so, in Cantabria, perché no?? Ma in Andalucia no!!
Ed ecco il virus inglese penetrare nelle strade di Granada, tante piccole speranze di insegnare la propria lingua madre nel cuore del Sud spagnolo.
Ma a chi cazzo frega dell’inglese quando c’è il dialetto andaluso??
Ancora non capisco, ma tante fighettine che riciclano frutta e verdura con la carta di credito piena, si riempiono così la vita: stipendio base e soldi extra dalla Regina, per permettersi di fare festa ogni sera, limonando qualsiasi cosa si muova.
L’illusione di flamenco e terrazzite scompare piano piano che Granada si trasforma in una normale città europea, senza stile né personalità. Tutti parlano inglese, e io vomito risentimento e disillusione.
Frustrato dal colpo basso inglese, decido di emigrare per nuove terre più sacre. Una mia amica si era creata, da vari mesi, una casa nella comunità hippie di Beneficio, situata nella pura montagna tra Orgiva e Canar, due paesini sotto la Sierra Nevada.
Faccio autostop e mi prendono su un arabo e una coppia di inglesi.
Già comincia male e, infatti, scopro che tutti i dintorni della Alpujarra sono addensati di inglesi, olandesi e tedeschi mezzi hippie, trasportati in queste terre da uno stupido libro dell’ex batterista dei Genesis.
La comunità in sé stessa è fondamentalmente inglese. Anche se i più grandi personaggi di Beneficio sono dell’Est Europa, la maggioranza si costruisce di placidi nord-europei, fuggiti dal terribile freddo delle loro terre rinnegate.
E nemmeno fa troppo caldo, a dir la verità. Le nuvole oscurano spesso il cielo, provocando sporadiche piogge fastidiosamente umide.
Si dice che qualcuno si sia impiccato nei boschi da poco tempo, cause ignote che qualcuno vuole associare ad un bad trip.
Ma non c’è niente da dire: il paesaggio è strappalacrime, laddove il vento disegna le case sparse per tutta la montagna con le linee del sole morente dietro la montagna (ore 20.32), cambiando così ogni prospettiva di illuminazione.
Trovo nel mio vagabondare qualche casa unica: vista 10\10, pareti in pietra, piscina e pannelli solari.
E sì, tutta la comunità si alimenta di pannelli solari per ricaricare il loro PC, il loro cellulare e il loro iPod. Perché non sono hippie nel vero senso della parola, perché sono hippie nuovi, hippie postmoderni.
Mai mi sarei aspettato infatti di trovare un Internet Café in una comunità: un satellite rubato a chissà chi, fungeva da segnale wi-fi per una buona cerchia di metri, allestiti adeguatamente con tavolini e prese della corrente.
Il segnale gratuito era disponibile per chiunque avesse un attrezzo che si collegasse alla rete, altrimenti, il caro gestore del “locale all’aria aperta”, avrebbe offerto gentilmente il suo, dietro retribuzione di una somma non generica di denaro.
Il duro, vile denaro che Beneficio tanto cerca di rifiutare.

- Una tedesca ricaricando il suo iPhone nell'Internet Point -

Perché si, anche professando pace e amore, l’erba costa comunque 2,5 euro al grammo, e in qualche modo bisogna pure possederla in quantità.
Le case sono in buone condizioni: alcune si limitano a tende, altre a costruzioni di legno più complesse e bilocali. La maggior parte non hanno forno né frigo, ma fissa è la stufa.
A livello primitivo, prima si combatte il freddo, poi qualsiasi altra cosa.
Il fuoco, la necessità di un fuoco. A scuola ti dicevano: 1 serve per riscaldarsi 2 serve per allontanare le bestie.
E di bestie ne avevamo. Tra gatti e topi, qualcuno si mangiò senza ritegno buona parte della mia preziosa baguette e dei miei plum cake mattutini.
Ma non è questo il problema sociale di Beneficio.
Il problema di Beneficio sono gli uomini, la stessa nuova società che si promisero di creare. Ma, finchè c’è l’uomo, non ci potrà mai essere nessun cambio nell’organizzazione dei suoi simili.
E quindi, quelli vicino alla Grande Tenda, hanno la funzione di amministratori e giudici in quanto più vecchi ed hardcore, mentre quelli in alto persi per la montagna generalmente non posseggono nessun interesse nelle politiche della comunità.
Politiche che spesso si riconoscono per vanti e lotte interne senza alcun senso. ‘Pare proprio che l’erba gli abbia dato alla testa’, mi dico deluso; ma in realtà è semplicemente lo spirito dell’essere umano che porta tutto ad un’organizzazione che altro non è che pura ed autentica distruzione di libertà.
Molti se ne fregano, come ho detto, di quello che succede ‘di sotto’, ma comunque se ne parla, si citano nomi e si danno giudizi, anche se pacati. è come vivere in un piccolo paesino, timorato della Polizia e diffidente delle altre tribù.
Perché, a contrario delle città, sono i vicini di casa il riferimento per la quotidianità, fornendo così amicizia, aiuti e notizie. Tutto è reciproco e vivere delle piante diventa qualcosa di più reale, non più legato a idee e credenze, ma a semplice necessità. Senza soldi, l’unico che rimane è fare gli artisti di strada o barattare il poco che si coltiva.
E così, i pranzi più soddisfacenti della mia vita.
Riuniti in circolo con un triplo OOOOOOHMMMM, iniziava il rito del cibo, fornito per quanto possibile di tutti i nutrienti necessari per sopravvivere. Il lievito di birra copre le necessità di vitamina B, assimilata da carne e formaggi che difficilmente entrano nella comunità. Il pane si fa in casa e l’acqua si prende da una delle tante fonti della valle.
Si caga e si piscia all’aria aperta, riunendo tutto lo sterco in un buco coperto di rami e foglie secche, in attesa di una futura proprietà fertilizzante della merda umana.
‘La cacca umana’, mi fa Charlotte, ‘ci mette un anno per depurarsi della sua tossicità’.
Nemmeno nella merda siamo utili!
La legna diventa un problema nei giorni piovosi e umidi: accendere un fuoco diventa un’impresa con tutti i ciocchi bagnati. Ma comunque si sopravvive, perché altro non si può fare in Beneficio.
Pochi hanno progetti per il futuro, vivono per il presente e si prendono il tempo per fare quello che vogliono. Fumano, suonano e disegnano spirali psichedeliche, mentre il sole diventa luna e la luna ridiventa sole.
Non c’è giorno, non c’è ora, non c’è obbligo.
Vivere è stato indubbiamente interessante, e scrivere ancora di più, circondato com’ero da soggetti particolare ed interessanti.
L’unico che ricorderò a lungo è sicuramente Klapka, un polacco che si è girato l’Europa per più di 10 anni, senza casa e senza rumbo, perso tra gli amati Balcani e tra festival di qualsiasi genere. Parla dei Rainbow Gatherings come un cattolico parlerebbe di Gesù Cristo: ‘è che tutti sono più uniti e più pazzi. Certe avventure che non vi racconto. Anzi si. Stavamo auto-stoppando per il Rainbow e ci becchiamo questo bosniaco che aveva il sogno di cambiare la sua vita a Barcellona. Gli raccontiamo del Rainbow e questo fa: ‘No, ragazzi vengo anch’io, sono curioso’. Noi cercavamo di dissuaderlo, perché era un po’ un soggetto e c’entrava veramente poco col Rainbow. Ma dopo due giorni di festival, lo ritroviamo senza cravatta né vestiti strillando: ‘Al culo Barcellona, io rimango qua ragazzi!’’
E così via, per ore ed ore a raccontare le sue avventure col volto pieno di saggezza e conoscenza della vita. Non era un coglione né un hippie, poco fondamentalista e tanto umanista: senza credere nell’essere umano, sapeva che c’era ancora qualcosa in esso che poteva essere salvato. E lo cercava ogni giorno della sua vita.
Ora, dopo tanto nomadismo, ha deciso di fermarsi con la sua compagna a Beneficio, fare figli e godere della valle e della bella casa costruita dal nulla.
‘Sono venuto qui per una notte e ormai sono passati 11 anni’, fa un altro mentre cercavamo disinfettante per la ferita di un amico finlandese: un cane lo aggredì senza troppi problemi, lasciandogli sangue, dolore e infezione.
Beneficio: una casa per stanchi viaggiatori e per giovani curiosoni.
E per pseudo-scrittori con pochi soldi.

sábado, 25 de mayo de 2013

L'avventura araba



- Mohammed -
A-44, in prossimità di Jaen, 
10 maggio 2013

E continuano le avventure…
Dopo una calma settimana all’insegna di precetti buddisti e rilassanti yoghismi, oggi è indubbiamente sorto un cambio di era: sono passato al musulmanesimo.
E già, perché l’attesa di un’ora e mezza nel bel mezzo dell’autostrada A-4 direzione Andalucia termina quando un Citroen nero si ferma brusco al mio lato.
‘Mohammed’, fa introducendosi.
Il simpatico marocchino è un gran ciarlone, ma non ho problemi a tenergli testa. Nei cinque giorni di chiusura libristica, le uniche relazioni sociali erano state quelle con i simpatici “coinquilini”.
L’autostop dal festival a Madrid era finito con un ‘Se vuoi puoi venire a dormire a casa nostra per stanotte’. Stanco come ero, non rifiutai.
Fatto sta che ne erano passate altre quattro di notti, tra spettacoli di microteatro, yoga in soffitta, South Park notturni e messe buddiste.
Il primo giorno infatti, con un’ora di sonno all’attivo, Fatima mi fa: ‘Vuoi venire a un rituale buddista?? Si canta e poi si mangia’.
Mmm perché no??
Alla fine ero zozzo e stanco, ma quando mi sarebbe ricapitata un’occasione simile?
Ed eccomi circondato da tanti occhi a mandorla, budda d’oro e vecchi inginocchiati al suono del dong del guru. Mi sovviene 2001 Odissea nello spazio.
Partecipiamo ai canti, improvvisando le difficili parole cinesi, non più lunghe di cinque lettere. L’incenso ci rincoglionisce, mentre l’omelia termina con un bambinesco ‘Tanti auguri a te’ e un ‘Buona festa della mamma’, anacronisticamente fuori luogo.
Pochi parlano spagnolo. I pochi che lo fanno cercano di tradurci a somme linee l’omelia.
Vicino a noi una coppia particolare: lei, brutta spagnola convertita al buddismo, lui, brutto cinese nazionalizzato spagnolo.
Ci rimango quando mi dicono che sono sposati.
Perlomeno si rendono utili fornendoci alcuni dettagli interessanti su di loro e sulla loro religione, mentre apprezzavo, fin troppo voracemente, l’enorme quantità di cibo insolito fornito gratuitamente ai “fedeli”.
Madrid è vuota. Ecco che ricomincia Abre los ojos, originale pellicola spagnola ripresa dal più fortunato (solo a livello commerciale) Vanilla Sky.
Non ha l’aria di capitale, anche a dispetto dei quattro grattacieli storti che si vedono in lontananza.
Tanto potrei dire su Lea, Jero, Dani, Fatima e Irene; ma questo non mi sembra né lo spazio né il tempo giusto. Se le strade mentali si incroceranno di nuovo, chissà sarà piacevole ricordarli in queste pagine virtuali..
Ora, seduto in un ristorante marocchino, penso alle interessanti conversazioni con Mohammed. Dopo avermi offerto un lauto pranzo (15 euri m’ha sbarcato!), fa: ‘Io scendo in moschea a pregare per la messa del venerdì’, lasciandomi qui solo a scrivere.
Ancora si sentono i lamenti microfonati del muazin.
Argomento fondamentale dei 300 km condivisi è stata la soppressione sopraffina e subdola della cultura araba da parte del governo statunitense, infiltrato in Palestina tramite Israele e appoggiato dall’Europa.
Senza essere fondamentalista, mi illustra certe pratiche dell’Islam che vengono condannate pesantemente dall’occidente, mostrando una buona coerenza di discorsi.
‘Sai che la siesta è di provenienza araba??’, mi fa. ‘Visto che noi preghiamo cinque volte al giorno, la prima è all’alba. Di conseguenza, dopo il pranzo, viene naturale il pisolino!’
Ma guarda te!
Sputtano un po’ i cattolici, professando fermamente il mio anti-religionismo, intriso di rispetto verso la base delle dottrine.
‘La morale fondante qualsiasi religione è fondamentalmente di ragione civica’, faccio io. ‘Essere propensi a buone azioni, col fine di migliorare sé stessi e gli altri è al principio di ogni qualsivoglia relazione sociale’.
‘E poi viene accusato [l’Islam], di essere poco rispettoso delle altre religioni’, continua. ‘Non è assolutamente vero! Anzi, il contrario. Il verme americano si è infiltrato in tutte le nostre culture e fa vedere al mondo solo quello che vogliono mostrare. E mostrano intollenza e fondamentalismo’.
‘Ma di fondamentalisti ce ne sono anche di cattolici’, faccio io, ‘e fin troppi! Vedi che fine hanno fatto gli indigeni sudamericani…’
E così si va, tra politica e società, tra vita ed economia.
E i cinesi poi’, fo, ‘sono la futura rovina di tutto il nostro sistema, capitalista e filo-americano. E non che sia un bene. C’è sempre un nemico peggiore’.
Eh già’, annuisce con l’aria di chi la sa lunga. ‘Tutti i piccoli negozi chiudono perché gli stronzi, a causa di uno strano patto col governo spagnolo, per i primi due anni di gestione non pagano le tasse dei loro negozi. Ed, al terzo anno, intestano l’attività a un familiare, in modo da evitare altri due anni di imposte’.
‘Se scoppierà una guerra, so contro chi sarà’, fo io catastrofico.
‘Non ci scherzare. In Germania è proibito aprire attività di scarsa qualità, e in questo, i cinesi ci rientrano in pieno. Perlomeno la Germania è pura dai loro sporchi riciclaggi e dalle loro mafie interne. Se scoppierà una guerra, la Merkel sarà il prossimo Fuhrer’.
Sorrido dandogli ragione.
Mi consiglia di andare ad Atlas, ‘un posto per me’, dice; di provare il tè marocchino e di entrare nella cultura araba. Cosa che mi eccita a dir la verità.
Finalmente a Granada, 8 della sera, dopo aver quasi rischiato di passare la notte in autostrada. La macchina di Mohammed improvvisamente si ferma: due ore dal meccanico buzzurro, perso tra gli immensi campi d’ulivo di Jaen, per risolvere un problema tecnico fin troppo banale.
Al momento di pagare l’intervento del meccanico, cascano banconotone dal portafoglio di Mohammed. Scherzando, il buzzurro si prende un biglietto da 100 dicendo: ‘Questo non vale mica!!’.
Ridandoglielo fa semplicemente: ‘Dammi solo qualcosa per un caffè’’.
Un caffè diventati 20.
Gli ultimi kilometri a 160 km\h sono la fine del mio viaggio. Mohammed deve continuare fino a Algeciras, la punta spagnola tendente al Marocco.

Contento di averlo conosciuto, lo saluto con un abbraccio, mentre le luci che illuminano le imponenti nevosi cime della Sierra Nevada mi incitano a garrapatear ancora un po’ prima della meritata siesta.

domingo, 19 de mayo de 2013

Madrid. Inizio della stesura




Un giovine collega, nel pieno dei suoi anni, l’altro giorno mi fa:
“Ma credi forse di scrivere un libro senza prima farti conoscere sul web??”
La mia risposta, un ingenuo ‘sì!’.
“Sai chi è Michela Murgia?”
La mia risposta, un ingenuo ‘no!’
“Beh, lei ha cominciato dai blog: dopo un'anno di attività le hanno pubblicato il blog, incentrato sul mondo delle centraliniste sfruttate, ed ora ha fatto i soldoni. Il tuo old-style non funziona più al giorno d’oggi”, e cose così.
In fondo non ci credo molto, ma devo ammettere che mi sono fatto convincere piuttosto velocemente, trovando nella sua proposta un eccitante stimolo per annotare, di volta di quando, i fatti storici e personali che formano il making-of del libro che sto effettivamente scrivendo.
Tutto cominciò in Sud America, dove l’attitudine a mantenere un diario di bordo divenne sempre più parte integrante del viaggio. Da questi sporchi scritti ho deciso di ricavarci una bella marmellata agridolce, senza conservanti né coloranti aggiuntivi.
Ma, a quanto pare le avventure non finiscono, e per questo ecco a voi il seguente spin-off, un metatestuale tentativo di coinvolgere qualche impavido lettore nella mia scelta di scribacchiare le opinioni di un qualsiasi europeo perso nella ricerca del Nuovo Mondo.


- Garrapateando in Uruguay -


Madrid, 7-05-2013

Lunga e diritta correva la strada, ed io, stanco di camminare con lo zaino sulle spalle e il pollice in aria, eccomi pensare di nuovo il destino del mio rumbo: nord o sud. I tipi che si erano fermati mi stavano offrendo un passaggio a Madrid, anche se il meridione mi chiamava molto di più l’anima in quel momento.
‘Vabbene, ragazzi vengo con voi’, alla fine decisi.
Reduce del Viña Rock, un festival zozzo in provincia di Albacete, e sopravvivente di notti senza dormire, riappaio sulla strada mochileando, con poca forza fisica e tanta voglia di improvvisare.
Credo che presto chi leggerà il libro (se mai ci sarà qualcuno che lo farà!), si renderà conto di quanto sia importante per me questo termine, per il mio viaggio e per la mia stessa esistenza.
Improvvisare è uno stile di vita non dogmatico, a mio parere, in quanto, anche se la sorpresa è sempre dietro l’angolo e il caso funge immancabilmente da deus ex machina in ogni frangente, non è detto che i programmi a lungo o breve termine debbano essere conseguentemente negati.
Ed eccomi infatti a tentare, per la seconda volta, di scrivere memorie di un viaggio, stavolta il più lungo e intenso della mia vita: viaggio di riscoperta ed amicizia, di confronto ed impressioni, e tutte le belle parole spesso sovrautilizzate che si suolono usare in questi casi.
Un caso lungo 5 mesi, che neanche Chuck Norris avrebbe potuto sopportare: giorni e giorni sull’autostrada sotto il sole, contornati da notti di carnevali pioggerellosi e sostenuti da pranzi umili e vagamente consistenti.
Non sono mancati però i momenti relax: il riposo prima della tempesta in luoghi misticamente pacati, un mate con gli amici e una chiacchierata con la gelataia di fiducia.
Sono stanco dell’allistare tutto, ma questa è la mia maniera di scrivere le cartoline, aggiungere immagini a quelle fin troppo visive della classica postal.
Ma sento che c’è ancora qualcosa da dire.
Pare ci sia il flusso e sono molto curioso della maniera in cui verrà fuori la mitosi dei miei diari di viaggio, divisi fra l’ansia iniziale fino alla soddisfazione finale.
E curioso anche della possibile pubblicazione o no di tali scritti.
Premetto che la brama di scriverli è nata dalla necessità di fare un po’ di ordine nel cervello sovraccumulato di informazioni, tendente all’inevitabile pozzo dell’oblio. E, visto che la mia memoria ha qualche falla di tanto in tanto, eccomi qui a scrivere del Sud e della visione percepita da un normale pendejo europeo verso tale mondo nuovo e spesso sottovalutato.
Mai avrei detto di cominciare il mio libro nella capitale spagnola, visto che l’intenzione era scendere in Andalucia, visitare degli amici e garrapatear un po’ per quelle calde zone.
E, a proposito di caldo, arriva ora la mia terza estate di seguito: l’aria è quella che ho lasciato a Buenos Aires, con la sola differenza che l’emisfero Sud sarà presto coperto di nero gelo, mentre il nostro caro emisfero Nord comincia ad avere la visita sempre più insistente della stella preferita della nostra galassia.
Ed io ad accoglierla…